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Istituto dei Ciechi

Opere Riunite "I. Florio – F. ed A. Salamone" Palermo



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Archivio

23 Febbraio 2017

Curricula anno 2016

Curricula anno 2016


23 Febbraio 2017

Consulenti e collaboratori

Incarichi e Consulenze allo 01-01-2017 (parte 1)

Incarichi e Consulenze allo 01-01-2017 (parte 2)

Curricula anno 2017

Incarichi e consulenti 2017


23 Febbraio 2017

Dirigente amministrativo

Dott.ssa Carmela Patti
Amministrazione: 091 540286

Amministrazione: 091 7320196

Centralino

Tel. 091 540324
Fax 091 540555

Posta elettronica

segreteria@istciechipalermo.it
info@istciechipalermo.it
amministrazione@istciechipalermo.it
ufficiotecnico@istciechipalermo.it

Posta elettronica certificata

istciechipalermo@pcert.postecert.it

Pagina Web

www.istciechipalermo.it

Indirizzo

Via Angiò, 27

90142 PALERMO


23 Febbraio 2017

Articolazione degli uffici

REGOLAMENTO DEGLI UFFICI E DEI SERVIZI

DELL’ISTITUTO DEI CIECHI

OPERE RIUNITE “I. FLORIO ED A. SALAMONE”

(Deliberato dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del 22 novembre 2006)

(Approvato dall’Assessorato regionale alla P.I. con D.D.G. n. 169/XVIII del 12 marzo 2008)

Articolo 1

OGGETTO

Il presente regolamento disciplina – in conformità alle disposizioni di legge, allo Statuto , ai contratti di lavoro nel tempo vigenti, ed in applicazione dei criteri generali definiti dal Consiglio – l’ordinamento dei servizi e degli uffici dell’Istituto dei Ciechi

Il Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e dei Servizi definisce, in particolare, la struttura organizzativa dell’Ente.

Articolo 2

PRINCIPI DI ORGANIZZAZIONE

L’ Amministrazione dell’ Istituto, al fine di conseguire i risultati dell’attività amministrativa, ispira l’ordinamento ed il funzionamento degli uffici e dei servizi a criteri di:

autonomia;

efficacia;

efficienza;

funzionalità ed economicità di gestione;

equità;

professionalità, flessibilità, e responsabilizzazione del personale;

distinzione tra indirizzo e controllo ed attuazione e gestione;

semplificazione dei procedimenti;

trasparenza e pubblicità.

I predetti criteri si collegano intrinsecamente sia con il principio della distinzione dei compiti degli amministratori da quelli dei responsabili della gestione, affermato dal D. Lgs. 165/2001 e s. m ed i. sia con l’autonomia nell’organizzazione degli uffici e servizi e della gestione delle risorse proprie dei responsabili.

Il comportamento organizzativo dei responsabili, come di tutto il personale, dovrà essere ispirato a criteri di flessibilità in modo da favorire la continuità della gestione anche in caso di assenze, impedimenti o imprevisti che possano verificarsi.

Articolo 3

QUADRO GENERALE DELLE COMPETENZE

Al Consiglio di Amministrazione competono funzioni di indirizzo politico a contenuto non gestionale.

Il Consiglio di Amministrazione dell’ Ente definisce gli obiettivi e i programmi da attuare e verifica la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite.

In particolare al Consiglio di Amministrazione, nel rispetto dello Statuto dell’ Ente nonchè dall’art. 4 del D. Lgs. 165/2001 e s.m. ed i ., compete :

a) la definizione degli obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione;

b) verifica in ordine al conseguimento degli obiettivi avvalendosi anche dei nuclei di valutazione e servizi di controllo interno;

c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale,

d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;

e) provvedimenti di mobilità esterna e distacco temporaneo;

f) la riassunzione di personale già dimessosi volontariamente;

g) la regolamentazione per l ‘ affidamento di incarichi professionali intuitu personae a legali e tecnici o esperti nel rispetto e secondo i limiti della normativa vigente nel tempo;

h) le autorizzazioni a stare in giudizio e la nomina del difensore;

i) l’approvazione di transazioni;

l) l’approvazione delle spese di rappresentanza;

m) l’approvazione e la modifica della dotazione organica o dello Statuto

n) l’adozione del regolamento sugli uffici e dei servizi;

o)l’individuazione dell’ufficio competente per i provvedimenti disciplinari

p)l’adozione di regolamenti

q)L’approvazione del bilancio di previsione , delle relative variazioni e del conto consuntivo

r) ogni altra competenza espressamente prevista dalla legge e/o dallo statuto.

L’elencazione di cui sopra ha carattere meramente esemplificativa essendo demandatala Consiglio di Amministrazione ogni altra competenza prevista dalla legge o dal regolamento.

Ai dirigenti, ciascuno nell’ambito dei compiti specifici ad essi assegnati, spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’ Amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane,strumentali e di controllo, nel rispetto dei contratti di lavoro. Essi sono responsabili dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati correlati al PEG loro attribuito e concordato con il Consiglio di Amministrazione.

Articolo 4

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

L’ Ente nella gestione delle risorse umane:

a) garantisce le pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro e la parità di trattamento;

b) garantisce la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica;

c) individua criteri certi di priorità nell’impiego flessibile del personale purchè compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e di coloro che svolgono attività di volontariato ai sensi della vigente normativa;

d) cura la formazione , l’aggiornamento e la qualificazione del personale.

e) Rende i locali , le attrezzature in uso ed il vestiario conformi alle norme che tutelano la

sicurezza e l’igiene, garantendo condizioni di lavoro agevole;

Articolo 5

STRUTTURA

L’ Ente è articolato in aree e unità organizzative.

La struttura organizzativa è suddivisa nelle seguenti aree :

– Amministrativa

– Educativa e convittuale

L’area è la struttura organica di massima dimensione che assicura unitarietà all’azione programmatica ed organizzativa dell’Ente. Alla direzione dell’area è preposto un dirigente.

L’unità organizzativa di norma costituisce un sottoinsieme dell’Area , raggruppando in modo organico un ambito definito di discipline o materie strettamente correlate , per fornire servizi specifici e per svolgere precise funzioni o specifici interventi atti a gestire compiutamente un’attività organica . Per l’intrinseca complessità funzionale conseguente si prevede una funzione di coordinamento da affidare alle istituende posizioni organizzative.

La responsabilità della conduzione fa capo ai Dirigenti delle aree medesime.

La struttura organizzativa può essere ridefinita in ragione dell’evoluzione delle esigenze e delle risorse.

Nell’ambito dell’area amministrativa si individuano le seguenti unità organizzative:

Area amministrativa:

Unità organizzativa Amministrativa

Unità organizzativa Economico – finanziari

Unirà organizzativa dei servizi ausiliari

Unità organizzativa tecnica

Nell’ambito dell’areaeducativa e convittualesi individuano le seguenti unità organizzative:

Area educativo-convittuale:

Unità organizzativa didattico-formative

Unità organizzativa riabilitativa

Unità organizzativa socio assistenziale

Unità organizzativa dei servizi generali

Articolo 6

DOTAZIONE ORGANICA

L’ organizzazione e la gestione dei rapporti di lavoro deve essere coerente con gli indirizzi programmatici dell’Ente e deve tendere ad accrescere l’efficienza, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa.

In sede di adozione del piano triennale e del bilancio annuale di previsione, il Consiglio di Amministrazione adegua la dotazione organica alle necessità programmatiche ed organizzative dell’ Ente in relazione alle disponibilità di bilancio ed agli obiettivi assegnati tenuto conto dello stato degli uffici.

Articolo 7

DIRIGENTE AMMINISTRATIVO

Le attribuzioni del dirigente amministrativo sono determinate dalla legge nonché dai contratti collettivi di lavoro vigenti nel tempo.

Il Dirigente Amministrativo svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico- amministrativa nei confronti degli organi dell’Ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo Statuto ed ai regolamenti.

Nel rispetto delle direttive generali impartite dal Consiglio di Amministrazione, sovrintende allo svolgimento delle funzioni delle U.O. della relativa area e ne coordina l’attività ai fini del perseguimento degli indirizzi e delle direttive, garantendo l’unitarietà operativa dell’organizzazione dell’ Ente anche mediante periodiche e ricorrenti concertazioni.

Il Dirigente Amministrativo inoltre:

a) cura le attività di studio ed esamina i problemi di natura giuridico – amministrativa, elaborando documenti e proposte attinenti alle materie sua di competenza ;

b) disciplina il funzionamento e l’organizzazione interna della struttura a cui è preposto, assicurando la migliore utilizzazione delle risorse disponibili;

c) dirige e sovrintende alla esecuzione di progetti formativi e di sviluppo dell’attività dell’Ente.

d) svolge attività di ispezione e vigilanza relativamente ai servizi ed al personale facenti capo all’Area Amministrativa dell’Istituto

e) nel quadro della organizzazione e del perfezionamento dei servizi, e, quando occorra, convoca i titolari di posizioni organizzative delle varie Unità Organizzative della propria Area per un esame preliminare dei provvedimenti da adottare;

f) esprime il parere sul superamento del periodo di prova , sugli incarichi e sugli altri provvedimenti riguardanti il personale amministrativo di competenza del Consiglio di Amministrazione;

g) è segretario del consiglio di Amministrazione e, pertanto, partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del Consiglio medesimo curandone la verbalizzazione;

h) cura la preparazione del materiale e degli argomenti da sottoporre agli organi deliberanti, avvalendosi dell’opera degli uffici dipendenti e provvede alla redazione dei relativi verbali controfirmandoli;

i) cura la preparazione delle pratiche di competenza del contenzioso;

l) sottoscrive i mandati di pagamento e gli ordini di riscossione;

m) presiede alle aste, alle licitazioni private ed alle trattative private;

n) provvede alla trattazione degli affari generali ed in particolare di quelli inerenti al patrimonio ed alle eredità pervenute riferendone al Presidente e proponendo eventuali proposte;

o) esercita ogni altra funzione attribuitagli , dai regolamenti, dalla pianta organica o conferitagli dal consiglio di Amministrazione.

p) Presiede le Commissioni di concorso del personale non dirigenziale

q) provvede alle nomine, designazioni ed atti analoghi ad esso attribuiti da specifiche disposizioni normative;

r)provvede al conferimento di incarichi professionali ” intuitu personae” a legali e tecnici o esperti

s) Attraverso proprie determinazioni dirigenziali , sulla base delle linee guida del Consiglio, impegna l’Ente anche nei confronti dell’esterno, prenotando, ove necessario l’impegno della spesa

t)predispone i bilanci dell’Ente

Per l’esercizio delle sue funzioni si avvale delle U.O. appartenenti alla propria area.

Articolo 8

DIRIGENTE AREA EDUCATIVA E CONVITTUALE

Il dirigente dell’area educativa e convittuale, nel rispetto delle direttive impartite dal Consiglio di Amministrazione, sovrintende allo svolgimento dei compiti e delle funzioni dei responsabili delle posizioni organizzative di pertinenza della propria area, coordinandone l’attività anche mediante periodiche e ricorrenti concertazioni, garantendo l’unitarietà operativa della organizzazione dell’Ente

E’ responsabile del raggiungimento degli obiettivi e della aderenza tra azione gestionale ed indirizzi istituzionali, relaziona al Consiglio di Amministrazione sull’andamento della struttura, proponendo eventuali correttivi o nuovi percorsi, necessari per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi.

Dirige e coordina il funzionamento dei servizi interni dell’ Istituto che rientrino nella sua competenza, in vista di un efficace ed armonioso sviluppo di tutte le potenzialità e risorse umane e materiali per una adeguata corrispondenza dei servizi e delle prestazioni dell’ ente ai bisogni sempre in evoluzione di tutti i potenziali utenti.

Dirige e sovrintende alla esecuzione di progetti finalizzati

Propone al Consiglio di Amministrazione per le opportune deliberazioni le ammissioni ed espulsioni degli alunni ed esprime in merito il proprio parere.

Formula il programma annuale di attività dell ‘Istituto di cui alla L.R.S. 152/80 sottoponendolo al Consiglio di Amministrazione dell’ Ente.

I provvedimenti adottati dal medesimo che comportino impegno di spesa devono essere muniti del parere preventivo di regolarità tecnico contabile del Dirigente Amministrativo

Cura e sovrintende alle attività di studio e di ricerca nei settori di sua competenza formulando proposte e fornendo consulenza agli organi dell’ Ente per quanto di competenza della propria area.

Svolge attività di ispezione e vigilanza relativamente ai servizi ed al personale facenti capo alla sua area.

Articolo 9

DETERMINAZIONI

Gli atti di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dei Dirigenti sono formalizzati in determinazioni.

Le determinazioni devono contenere tutti gli elementi formali e sostanziali caratterizzanti il provvedimento amministrativo. Esse devono essere, pertanto, costituite da una parte recante la motivazione e da una parte recante il dispositivo, che sia conseguente alla motivazione e chiaramente formulato sia per quanto concerne il contenuto dell’atto sia per quanto riguarda l’eventuale parte finanziaria.

Le determinazioni sono numerate in ordine progressivo, munite di data, e recano l’indicazione dell’ufficio competente di provenienza e sono conservate in originale agli atti dell’Ente.

Articolo 10

RESPONSABILI DELLE UNITA’ ORGANIZZATIVE

I responsabili delle posizioni organizzative esercitano la propria attività in attuazione degli indirizzi gestionali dei dirigenti , ciascuno nell’ambito della propria competenza, con potestà di iniziativa e responsabilità di risultato nei limiti delle risorse attribuite . Ai responsabili delle posizioni organizzative i dirigenti attribuiscono funzioni di coordinamento di particolare complessità e caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale, nei limiti e nel rispetto degli obiettivi forniti dal proprio dirigente.

Essi godono di autonomia e responsabilità nell’organizzazione del servizio e del lavoro, nella gestione delle risorse loro assegnate sempre nel rispetto delle direttive dei dirigenti ai fini dell’esercizio della funzione di verifica e controllo.

I responsabili delle posizioni organizzative provvedono ad adottare tutti gli atti necessari e propedeutici alla attività di gestione ed in particolare:

a)alla acquisizione ed elaborazione sistematica delle informazioni e conoscenza sull’ambiente di riferimento, di bisogni, problemi ed opzioni di intervento, mediante lo studio e l’approfondimento degli aspetti economici, sociali, giuridico-amministrativi e tecnico-scientifici;

b) alla predisposizione di istruttorie atte a preparare l’attività dei decisori politico-istituzionali, esprimendo ed elaborando anche proposte, pareri, documenti, progetti e schemi di provvedimenti amministrativi o regolamentari;

c) alla gestione delle risorse umane e tecnico- strumentali in dotazione, svolgendo anche gli atti necessari e consequenziali secondo le direttive impartite dal Dirigente dell’area .

d) alla predisposizione di piani di riferimento e di ipotesi ottimali di soluzione dei problemi individuati autonomamente o sottoposti dagli organi politico-istituzionali, le cui modalità di risoluzione devono essere sottoposte al dirigente di riferimento.

e) alla predisposizione di strumenti e di ipotesi tecniche per la realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi dell’ Ente;

f) alla razionalizzazione, semplificazione e standardizzazione dei metodi e delle procedure, sperimentando ed introducendo nuove tecniche e metodologie di lavoro e nuovi e più idonei strumenti tecnologici;

g)alla cura del processo operativo, intervenendo sulle anomalie procedurali, nei punti di rottura ed incertezza e di crisi proponendo soluzioni all’iter in definizione

h) alla predisposizione dei capitolati speciali d’appalto;

Articolo 11

FORME DI CONTROLLO

Ai sensi dell’art. 3, comma 4, L.R.S. 15.5.2000 n. 10 e succ. modifiche ed integrazioni, all’Istituto si applica la disciplina dei controlli interni di cui agli artt. 1, 2,4,5,6 e 9 del D.lgs. 30.07.1999 n. 286 e s. m. ed i.

I principi generali del controllo interno attengono alla regolarità amministrativa e contabile; alla verifica dell’efficienza, della efficacia e della economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione); alla verifica della congruenza tra obiettivi predefiniti e risultati conseguiti(valutazione e controllo strategici); alla valutazione del personale con qualifica dirigenziale.

Gli organi preposti al controllo di gestione ed alla valutazione e controllo strategico sono nominati dal Consiglio di Amministrazione.

Relativamente al controllo di regolarità amministrativa e contabile restano ferme le disposizioni del vigente ordinamento finanziario dell’Istituto e le forme di controllo finanziario ivi previste nonché le competenze del Collegio dei revisori dei conti.

Articolo 12

DIVIETO DI AGGRAVIO DI SPESA A CARICO DEL BILANCIO

Dalla adozione del presente regolamento non discendono maggiori oneri economici a carico del bilancio.

L’Ente adotta tutte le misure affinché la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile nella evoluzione.

Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono determinate in base alla compatibilità economico finanziaria definita dei documenti di programmazione e di bilancio.

L’incremento del costo del lavoro è soggetto a limiti compatibili con gli obiettivi ed i vincoli di finanza pubblica

Articolo 13

RAPPORTI CON L’UTENZA E QUALITA’ DEI SERVIZI

Il personale assegnato alle strutture che erogano servizi a diretto contatto con gli utenti devono adottare ogni possibile soluzione per favorire e valorizzare le relazioni con l’utenza e migliorare la qualità dei servizi.

L’attenzione ai rapporti, con gli utenti e il miglioramento della qualità dei servizi sono da considerarsi obiettivi da perseguire costantemente e costituiscono elementi di valutazione da parte dei responsabili delle strutture.

Articolo 14

ORARIO DI SERVIZIO E ORARIO DI LAVORO

Gli orari di servizio debbono tendere al criterio di massima efficacia ed economicità amministrativa e ad armonizzarsi con le esigenze dell’utenza nel rispetto delle norme di legge e del contratto collettivo di lavoro.

I predetti orari sono approvati dai dirigenti ,sentite le Organizzazioni Sindacali, tenuto conto delle esigenze organizzative e del personale disponibile.

L’orario di lavoro dei dipendenti è stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro ed è funzionale all’orario di servizio.

Articolo 15

INCARICHI DI RESPONSABILITA’

Tutti gli incarichi di coordinamento o l’attribuzione di posizioni organizzative sono a tempo determinato e regolamentati dalle vigenti normative e dal CCNL

Vengono conferiti in funzione dei programmi da svolgere e secondo i criteri di competenza professionale e di comportamento organizzativo che il ruolo da ricoprire richiede.

Sono revocati in caso di inosservanza delle direttive degli organi di vertice o di mancato conseguimento degli obiettivi e comunque nel rispetto della normativa dettata dalla legge e dai contratti collettivi di lavoro

Articolo 16

INCARICHI PROFESSIONALI

L’ Amministrazione, può avvalersi di consulenze esterne ed affidare incarichi ad esperti di comprovata competenza e/o di alta specializzazione, per finalità di studio, progettazione ed analisi ed in funzione di supporto per l’attività istituzionale, scelti tra docenti e ricercatori universitari, professionisti, personale altamente specializzato in particolari materie, dirigenti pubblici o privati in attività di servizio od in quiescenza.

Per le consulenze e gli incarichi di cui sopra, deve essere determinata preventivamente la durata, il luogo, l’oggetto, le modalità ed il compenso della collaborazione, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.

Articolo 17

INCARICHI CON CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO

In presenza dei presupposti previsti dalla normativa vigente , l’Amministrazione può stipulare contratti di lavoro a tempo determinato , al di fuori della dotazione organica, con le modalità ed i criteri previsti dalle norme vigenti.

Articolo 18

FORMAZIONE

La formazione e l’aggiornamento del personale costituiscono strumenti di carattere permanente per la valorizzazione e lo sviluppo delle potenzialità professionali presenti nella Amministrazione.

In sede di definizione del piano triennale e del bilancio annuale di previsione i Dirigenti (amministrativo e convittuale) ciascuno per quanto di propria competenza, propongono piani di formazione elaborati sulla base delle esigenze rilevate e delle richieste formulate dai responsabili delle U.O.

Articolo 19

VALUTAZIONE DEL PERSONALE

Nel rispetto delle previsioni delle norme e dei contratti collettivi di lavoro, la valutazione delle prestazioni e delle attività del personale assume carattere sistematico.

Per quanto riguarda i responsabili delle U.O. la valutazione sarà finalizzata anche all’attribuzione degli incarichi e sarà a cura dei dirigenti.

Per quanto possibile, l’ Amministrazione adotterà procedure e sistemi condivisi in grado di assicurare equità e trasparenza.

Articolo 20

FASCICOLO PERSONALE

Per ogni dipendente è tenuto, presso l’ufficio personale, un fascicolo personale che deve contenere i documenti che interessano le carriere, i servizi di ruolo eventualmente prestati in altre pubbliche amministrazioni, i provvedimenti relativi alla nomina, alla carriera ed al trattamento economico, i decreti (provvedimenti) di riscatto dei servizi non di ruolo, le attività di formazione svolte, nonchè tutte le informazioni idonee ad accertare la professionalità acquisita ed ogni altra notizia utile ai fini del rapporto di impiego.

Articolo 21

PROCEDURE SELETTIVE

Ai fini delle modalità di assunzione si applicano le norme vigenti.

La forma ed i criteri della selezione ed i requisiti di partecipazione sono quelli definiti nel regolamento per l’accesso agli impieghi già deliberati dal consiglio di Amministrazione e/o emanandi dal consiglio medesimo.

Articolo 22

ATTUAZIONE

Il Dirigente Amministrativo e/o il Dirigente dell’area educativa e convittuale , ciascuno per quanto di propria competenza, provvederanno ad emanare gli ordini di servizio necessari per la piena attuazione del presente regolamento.


23 Febbraio 2017

Rendiconti gruppi consiliari regionali/provinciali

La Sezione riguarda dati non afferenti l’attività dell’Istituto.


23 Febbraio 2017

Sanzioni per mancata comunicazione dei dati


23 Febbraio 2017

Attestazioni OIV o di struttura analoga

Nella presente sezione deve essere pubblicata l’attestazione da parte dell’OIV (Organismo Indipendente di Valutazione) o altra struttura con funzioni analoghe, relativa all’assolvimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa in materia di trasparenza.


23 Febbraio 2017

Burocrazia zero

Secondo quanto disposto dal d.l. n 69/2013 art. 37, c. 3, 3 bis si pubblicano in questa sezione le attività soggette a controllo, cioè l’elenco delle attività delle imprese soggette a controllo (ovvero per le quali le pubbliche amministrazioni competenti ritengono necessarie l’autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività o la mera comunicazione).

L’Istituto non controlla o vigila direttamente Enti.


23 Febbraio 2017

Codice di comportamento

CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI PUBBLICI (DPR 62/2013)

Art. 1 – Disposizioni di carattere generale

1. Il presente codice di comportamento, di seguito denominato “Codice”, definisce, ai fini dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.

2. Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Art. 2 – Ambito di applicazione

1. Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all’articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all’articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.

3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4. Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.

Art. 3 – Principi generali

1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui é titolare.

2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.

5. Nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6. Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.

Art. 4 – Regali, compensi e altre utilità

1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.

2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti é o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.

3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d’uso di modico valore.

4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all’esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni.

6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza.

7. Al fine di preservare il prestigio e l’imparzialità dell’amministrazione, il responsabile dell’ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5 – Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Il presente comma non si applica all’adesione a partiti politici o a sindacati.

2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, né esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6 – Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d’interesse

1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7 – Obbligo di astensione

1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.

Art. 8 – Prevenzione della corruzione

1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

Art. 9 – Trasparenza e tracciabilità

1. Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

Art. 10 – Comportamento nei rapporti privati

1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.

Art. 11 – Comportamento in servizio

1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza.

2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell’ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell’amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d’ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d’ufficio.

Art. 12 – Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l’esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall’amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera piu’ completa e accurata possibile. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l’interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d’ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall’amministrazione, l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell’amministrazione.

3. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in un’amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall’amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.

4. Il dipendente non assume impegni né anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati

dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima amministrazione.

Art. 13 – Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l’applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all’atto di conferimento dell’incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l’assolvimento dell’incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui é preposto, favorendo l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all’aggiornamento del personale, all’inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.

6. Il dirigente assegna l’istruttoria delle pratiche sulla base di un’equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui é preposto con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.

8. Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l’illecito all’autorità disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’amministrazione.

Art. 14 – Contratti ed altri atti negoziali

1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l’amministrazione abbia deciso di ricorrere all’attività di intermediazione professionale.

2. Il dipendente non conclude, per conto dell’amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l’amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell’ufficio.

3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le

quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell’amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.

4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l’amministrazione, rimostranze orali o scritte sull’operato dell’ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

Art. 15 – Vigilanza, monitoraggio e attività formative

1. Ai sensi dell’articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull’applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell’attività di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell’ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell’articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresì, le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente già istituiti.

3. Le attività svolte ai sensi del presente articolo dall’ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L’ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all’articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l’aggiornamento del codice di comportamento dell’amministrazione, l’esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell’amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell’articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all’Autorità nazionale anticorruzione, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, l’ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all’articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l’ufficio procedimenti disciplinari può chiedere all’Autorità nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l’attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 16 – Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice

1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa é fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

2. Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione é valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell’amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l’immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un’attività tipici dell’ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

Art. 17 -Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu’ ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell’amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell’amministrazione. L’amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all’atto di conferimento dell’incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu’ ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalità previste dal comma 1 del presente articolo.

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante “Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, è abrogato.


23 Febbraio 2017

Ufficio procedimenti disciplinari

Circolare n.14/2010

OGGETTO: d.lgs. n. 150 del 2009 – disciplina in tema di infrazioni e sanzioni disciplinari e procedimento disciplinare – problematiche applicative.

Come noto, con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono state apportate importanti innovazioni in tema di infrazioni, sanzioni disciplinari, procedimento disciplinare e rapporti con il procedimento penale. In particolare, l’art. 69 del citato decreto ha sostituito l’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 ed ha introdotto gli artt. da 55 bis a 55 novies nel corpo del medesimo testo normativo, mentre l’art. 72 ne ha abrogato l’art. 56.

Le nuove norme hanno carattere generale; la loro applicazione, infatti, riguarda tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, come chiarito dall’art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009, secondo cui: “Gli articoli (…) 69 (…) rientrano nella potestà legislativa esclusiva esercitata dallo Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) ed m), della Costituzione.” e dall’art. 55, comma 1, del citato d.lgs. n. 165, il quale prevede che “Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti fino all’art. 55 octies (…) si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2.”. La nuova disciplina riguarda solo il personale rientrante nel campo di applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001, ossia il personale dipendente c.d. “privatizzato” e soggetto alla disciplina dei contratti collettivi di comparto; rimane pertanto invariato il regime della responsabilità, del procedimento e delle sanzioni disciplinari per il personale ad ordinamento pubblicistico, di cui all’art. 3 del medesimo decreto.

Sempre il citato art. 55, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce poi che le disposizioni di cui agli artt. da 55 a 55 octies costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.. Ciò significa, in primo luogo, che tali disposizioni non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva, la quale può disciplinare la materia nei limiti di quanto consentito dalla legge e negli ambiti non riservati alla legge stessa (infrazioni e sanzioni, per quanto non previsto nelle disposizioni in esame, procedure di conciliazione non obbligatoria, procedimento per l’irrogazione delle sanzioni ai dirigenti nei casi di cui agli artt. 55 bis, comma 7, e 55 sexies, comma 3, sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente incolpato, altri aspetti relativi al rapporto di lavoro inerenti la materia). Inoltre, la disciplina legale prevale sulla disciplina sostanziale contenuta nei contratti collettivi, compresa quella dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della riforma (15 novembre 2009) e, in presenza di clausole contrattuali difformi, si verifica la sostituzione della clausola nulla con integrazione del suo contenuto ad opera della fonte di legge. Questo meccanismo di sostituzione ha carattere automatico e, pertanto, produce i suoi effetti già a livello di applicazione della norma da parte dell’operatore, senza la necessità di un accertamento preventivo della nullità della clausola da parte del giudice.

Con la presente circolare si intende fornire dei chiarimenti su alcuni aspetti problematici di interpretazione o applicazione della disciplina, in considerazione dei quesiti sottoposti al Dipartimento della funzione pubblica.

  1. La pubblicità del codice disciplinare.

L’art. 7, comma 1, della legge n. 300 del 1970 impone ai datori di lavoro di portare “a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti” il codice disciplinare, cioè l’insieme delle norme, in particolare di derivazione contrattuale, “relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse”. L’articolo non è stato direttamente richiamato nel corpo delle norme che dopo la riforma disciplinano la materia delle infrazioni e sanzioni disciplinari, ma la sua portata deve intendersi comunque estesa anche ai datori pubbliche amministrazioni, sia perché la regola della previa pubblicazione è contenuta nei contratti collettivi di comparto sia perché il comma 2 dell’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, come di seguito si vedrà, prevede una norma sulle modalità di pubblicazione che sottende la vigenza dell’obbligo di pubblicità.

L’adempimento – la ratio della cui obbligatorietà è da ricercare nella necessità che sia assicurata a tutti lavoratori la conoscenza del sistema delle regole dell’organizzazione di appartenenza affinché abbiano consapevolezza della responsabilità perseguibile sul piano disciplinare per le eventuali violazioni – per costante e consolidata giurisprudenza, è imprescindibile e propedeutico ai fini della corretta attivazione dei procedimenti disciplinari e dell’irrogazione delle sanzioni.

Come accennato, l’obbligo di pubblicazione del codice disciplinare è stato sancito – sulla base del richiamo all’art. 7, comma 1, della legge n. 300 del 1970 contenuto nel precedente art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 – dalla contrattazione collettiva del settore pubblico: tra gli altri, lo prevede l’art. 13, comma 8, del CCNL 12 giugno 2003 del comparto ministeri; l’art. 16, comma 10, del CCNL 9 ottobre 2003 del comparto enti pubblici non economici; l’art. 64, comma 8, del CCNL 17 maggio 2004 del comparto Presidenza del Consiglio dei ministri; l’art. 3, comma 10, del CCNL 11 aprile 2008 del comparto regioni-autonomie locali.

Le richiamate clausole contrattuali hanno disposto la tassatività e non fungibilità con altre forme della pubblicità realizzata tramite affissione. Pertanto, le amministrazioni – datori di lavoro hanno, sino ad ora, assolto l’obbligo tramite affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti i dipendenti.

Il d.lgs. n. 150 del 2009 è, tuttavia, intervenuto in materia, modificando l’art. 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001. In particolare, il comma 2 del nuovo art. 55, come sostituito dall’art. 68 del d.lgs. n. 150 del 2009, prevede che “La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro”.

Le nuove disposizioni “costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile…”. Come detto nel paragrafo precedente, ciò comporta l’automatico inserimento nei contratti collettivi di tali disposizioni e la conseguente sostituzione delle clausole difformi. Peraltro, i CCNL stipulati dopo l’entrata in vigore della riforma hanno recepito il nuovo principio, modificando la pregressa disciplina e prevedendo che la pubblicazione avvenga mediante il sito istituzionale dell’amministrazione (es., art. 8 del CCNL 4 agosto 2010 per l’Unioncamere; art. 9 del CCNL 12 febbraio 2010 dell’area I della dirigenza; art. 7 del CCNL 22 febbraio 2010 per l’area II della dirigenza).

Ai sensi della nuova norma, pertanto, le amministrazioni possono assolvere all’obbligo di pubblicità del codice disciplinare mediante la pubblicazione sul sito internet istituzionale. Nella valutazione operata dal legislatore, che tiene conto della più recente evoluzione tecnologica delle modalità di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, tale pubblicazione è equivalente all’“affissione in luogo accessibile a tutti” di cui al citato art. 7, luogo che viene identificato dal menzionato art. 55 comma 2 nell’ “ingresso della sede di lavoro”.

Le amministrazioni potranno completamente sostituire la pubblicità tramite affissione con la pubblicazione on line solo qualora l’accesso alla rete internet sia consentito a tutti i lavoratori, tramite la propria postazione informatica; infatti, deve  essere tenuto presente che la pubblicazione risponde all’esigenza di porre il dipendente al riparo dal rischio di incorrere in sanzioni per fatti da lui non preventivamente conosciuti come mancanze.

Al riguardo, si raccomanda che il codice disciplinare venga pubblicato con adeguato risalto e indicazione puntuale della data, oltre che sull’home page internet anche di quella intranet dell’amministrazione, solitamente utilizzata per le comunicazioni interne del datore di lavoro, al fine di assicurarne la massima visibilità e conoscibilità. Si raccomanda inoltre alle amministrazioni di precostituire una prova dell’avvenuta pubblicazione, al fine di poter sviluppare la difesa nell’ambito di un eventuale contenzioso, chiedendo alla struttura interna competente alla pubblicazione di comunicare formalmente l’avvenuto adempimento. Si segnala infine che, a seguito della riforma, la modalità alternativa alla pubblicazione sul sito è solo quella dell’affissione all’ingresso della sede di lavoro poiché solo questo luogo particolare è espressamente considerato dalla norma vigente.

Quanto ai contenuti della pubblicazione, si evidenzia che il codice disciplinare oggetto di pubblicità deve contenere sia le procedure previste per l’applicazione delle sanzioni sia le tipologie di infrazione e le relative sanzioni. La pubblicità deve poi riguardare anche il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, attesa l’idoneità delle sue regole ad integrare le norme contenenti le fattispecie di illecito disciplinare previste dai contratti collettivi e dalla legge.

  1. La titolarità dell’azione disciplinare:
  2. a) il rafforzamento della competenza del dirigente;

La riforma ha voluto, in generale, valorizzare il ruolo del dirigente sottolineando i suoi poteri, tra cui anche quelli di valutazione, riconoscimento dei meriti e comminazione di sanzioni nei confronti del personale. In questo contesto,  l’art. 55 bis ha ampliato la competenza del dirigente della struttura in cui il dipendente lavora nella gestione del procedimento disciplinare, attribuendogliene la titolarità in riferimento ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del rimprovero verbale e della censura, uniche situazioni in cui l’azione poteva essere esercitata da questo soggetto in base all’abrogato art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001. In particolare, dal comma 1 dell’art. 55 bis, risulta che quando il responsabile della struttura è un dirigente questi potrà procedere alla contestazione dell’addebito e all’irrogazione della sanzione, previo espletamento del relativo procedimento, per tutte le infrazioni “di minor gravità “. Secondo la norma, rientrano nelle infrazioni di minor gravità quelle per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni. Per le infrazioni di maggior gravità o nel caso in cui il responsabile della struttura non sia un dirigente, l’intera procedura deve essere svolta dall’ufficio procedimenti disciplinari. Rimane salva la competenza del responsabile della struttura, a prescindere dalla circostanza che si tratti di dirigente o non dirigente, di irrogare il rimprovero verbale, sanzione che, secondo il comma 1 dell’art. 55 bis in esame è  soggetta alla disciplina della contrattazione collettiva, che prevede l’irrigazione senza particolari formalità.

E’ opportuno chiarire che con l’espressione in “possesso della qualifica di dirigente” la norma fa riferimento non solo ai dipendenti reclutati ed inquadrati come dirigenti a tempo indeterminato, ma anche ai titolari di incarico dirigenziale con contratto a tempo determinato, con inclusione quindi dei soggetti preposti ai sensi dell’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 e ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. n. 267 del 2000 per gli enti locali o di analoghe norme previste negli ordinamenti delle altre amministrazioni.

Per gli enti locali privi di qualifica dirigenziale, in linea con l’orientamento espresso dall’ANCI nelle prime linee guida relative all’applicazione del d.lgs. n. 150 del 2009, la competenza non sussiste invece in capo al dipendente titolare di posizione organizzativa cui siano state attribuite le funzioni dirigenziali ai sensi dell’art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, poiché trattasi di soggetti non muniti di qualifica dirigenziale.

Si evidenzia l’importanza dell’osservanza della previsione normativa per le conseguenze che derivano dalla violazione della regola rispetto alla sanzione comminata. Infatti, la violazione di una norma di legge imperativa comporta la nullità della sanzione irrogata, come riconosciuto anche recentemente dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, Sezione lavoro (“E’ nulla, perché in contrasto con norme di legge inderogabili sulla competenza, la sanzione disciplinare irrogata in esito a procedimento disciplinare instaurato da soggetto od organo diverso dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari” Cass., Sez. lav., 5 febbraio 2004, n. 2168; Cassazione civile, Sez. lav., 30 settembre 2009, n. 20981).

  1. b) l’ufficio procedimenti disciplinari.

L’art. 55, al comma 4, stabilisce che “Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari“. La disposizione non ha portata innovativa rispetto al testo previgente; infatti, già l’art. 59 del d.lgs. n. 29 del 1993 aveva previsto l’individuazione di una competenza ad hoc per la gestione del procedimento disciplinare (U.P.D.). L’individuazione è rimessa alla discrezionalità organizzativa di ogni amministrazione e non è richiesta la costituzione di un apposito ufficio; infatti, la competenza si può svolgere anche nell’ambito di una struttura deputata a più ampie attribuzioni, ma si tratta comunque di una competenza da esercitare in via esclusiva.

La competenza del procedimento disciplinare spetta all’U.P.D. per le ipotesi in cui il responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale e, comunque, per le infrazioni di maggior gravità. Non è specificato in questo caso se il responsabile dell’U.P.D. debba essere dirigente. E’ chiaro che per le Amministrazioni dello Stato questa rappresenta la regola generale, mentre per gli enti locali privi della qualifica dirigenziale, frequentemente si presenta il caso di investitura di funzionari. In proposito, poiché il comma 4 del menzionato art. 55 bis per la costituzione degli U.P.D. fa rinvio al “proprio ordinamento“, negli enti locali privi di qualifica dirigenziale la responsabilità dell’ufficio può essere attribuita anche ai funzionari a cui sono assegnate le funzioni dirigenziali ai sensi del citato art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000. Nell’ottica della riforma, la particolare professionalità radica la competenza funzionale del servizio, supplendo anche alla mancanza della qualifica  (in riferimento al regime previgente la riforma e alle competenze dell’U.P.D. la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che “alcuna norma prevede che dell’Ufficio procedimenti disciplinari debbano far parte dipendenti con qualifica almeno pari a quella degli incolpati, né esiste un principio secondo il quale soltanto siffatta composizione sarebbe idonea ad attuare il principio di imparzialità dell’amministrazione“, Cass., Sez. lav., n. 10600 del 3 giugno 2004). Alternativamente, la scelta dell’ente locale potrebbe ricadere sull’attribuzione delle funzioni in questione al segretario comunale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del medesimo decreto ovvero sulla costituzione di un U.P.D. in convenzione con altri enti, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del testo unico.

Si rileva che la disposizione in esame, a differenza della norma contenuta nel comma 4 dell’abrogato art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, non prevede più espressamente che l’ufficio competente dia avvio al procedimento a seguito della “segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora“, essendo stato eliminato questo inciso. Con la riforma risulta chiaro che l’ufficio si attiva non solo nei casi in cui pervenga tale segnalazione, ma anche nelle ipotesi in cui lo stesso abbia altrimenti acquisito notizia dell’infrazione. Ciò si evince dalla seconda parte del medesimo comma, in cui si ancora la decorrenza del termine per la contestazione dell’addebito dalla ricezione degli atti o dall’acquisizione aliunde della notizia dell’infrazione.

Una volta investito correttamente della procedura da parte del dirigente, l’U.P.D. sarà tenuto a svolgere il procedimento sulla base dell’istruttoria; l’esito dello stesso potrà portare o all’archiviazione o all’irrogazione della sanzione appropriata, che potrà consistere anche in una sanzione di minore gravità (ossia inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni), benché in astratto questa rientri nella competenza del dirigente rimettente.

  1. L’irrogazione delle sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti, con particolare riferimento agli illeciti della mancata collaborazione con l’autorità disciplinare procedente e del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare.

L’art. 55 comma 4 del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che: “Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3.”.

La disposizione contiene una norma speciale relativa a specifiche infrazioni ascrivibili ai dirigenti, ponendo una deroga al regime ordinario sulla competenza per l’irrogazione delle relative sanzioni. Gli illeciti sono quelli previsti dall’art. 55 bis, comma 7, e dall’art. 55 sexies, comma 3, e, cioè, l’ipotesi di mancata collaborazione con l’autorità disciplinare procedente e l’ipotesi del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare. Si tratta di illeciti riferiti specificamente allo svolgimento del procedimento disciplinare, che sono stati introdotti dalla riforma con l’obiettivo di assicurare l’effettivo esercizio dell’azione e contrastare situazioni di collusione. La prima fattispecie, quella della mancata collaborazione con l’autorità disciplinare procedente, è riferita sia ai dirigenti sia ai dipendenti non dirigenti; la seconda, quella del mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare, è un illecito proprio del responsabile della struttura di appartenenza del dipendente incolpato o dell’U.P.D., sia esso dirigente o non dirigente.

Per queste infrazioni, la norma in esame stabilisce che, se l’incolpato è un dirigente, si applica la procedura di cui al comma 4 dell’art. 55 bis, il quale prevede la contestazione dell’addebito e lo svolgimento della procedura da parte dell’U.P.D., la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, e la possibilità di raddoppio dei termini per le infrazioni di maggior gravità (tra le quali rientrano anche quelle in esame in quanto per entrambe le fattispecie è prevista in astratto la possibilità di comminare la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni).

Secondo quanto previsto dalla medesima disposizione, i contratti collettivi di riferimento possono disciplinare in maniera diversa rispetto alla fonte legale le norme procedimentali contenute nel citato comma 4 dell’art. 55 bis. Si precisa che la deroga in favore della contrattazione collettiva non può però riguardare la materia dell’organo competente all’avvio del procedimento, allo svolgimento della procedura e all’irrogazione della sanzione, poiché trattasi di aspetti legati all’investitura di un organo, ossia all’attribuzione di una competenza, i quali, in base ai principi costituzionali, debbono essere necessariamente disciplinati da fonti normative. Al riguardo, l’art. 55, comma 4, individua una specifica competenza per l’irrogazione della sanzione nel caso in cui l’incolpato sia un dirigente: questa spetta al dirigente di ufficio dirigenziale generale o al titolare dell’incarico ai sensi dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001. Pertanto, per queste specifiche infrazioni la competenza dell’U.P.D. è diversa a seconda che il dipendente soggetto passivo della procedura sia un impiegato o un dirigente. Infatti, nel primo caso all’ufficio spetta l’intera gestione del procedimento, dalla fase della contestazione a quella dell’irrogazione della sanzione, mentre nel secondo, la competenza si arresta all’istruttoria e le determinazioni conclusive del procedimento sono rimesse al dirigente di ufficio dirigenziale generale (se il procedimento riguarda un dirigente di ufficio non generale) e al dirigente sovraordinato, come il capo Dipartimento o il Segretario generale (se il procedimento riguarda un dirigente di ufficio dirigenziale generale). L’espressione utilizzata dalla legge “dirigente generale” va intesa come riferimento alla tipologia di ufficio cui il dirigente è preposto e prescinde dalla circostanza che il dirigente incaricato appartenga alla prima o alla seconda fascia; infatti, in questo contesto, non pare avere alcun rilievo la circostanza soggettiva di essere iscritto alla prima o alla seconda fascia del ruolo dirigenziale.

La norma non chiarisce se il dirigente sovraordinato debba essere il responsabile dell’ufficio dirigenziale generale nell’ambito del quale è collocato l’ufficio dell’incolpato o il dirigente dell’ufficio dirigenziale generale nel cui ambito è compreso l’U.P.D. La soluzione interpretativa più corretta sembra la seconda. Infatti, tale soluzione consente meglio di soddisfare l’esigenza di terzietà e di uniformità  dell’organo in fattispecie di illecito particolarmente delicate, come quelle in esame, che attengono alla corretta incardinazione e svolgimento del procedimento disciplinare. Inoltre, la determinazione di conclusione del procedimento può comportare l’esercizio di una discrezionalità più o meno ampia, ma tale discrezionalità può basarsi solo sulle risultanze dell’istruttoria compiuta dall’U.P.D. a seguito della contestazione, con la conseguenza che il ritenere al contrario la competenza in capo al dirigente dell’ufficio nel cui ambito svolge la propria attività l’incolpato sarebbe comunque irrilevante rispetto alla determinazione conclusiva del procedimento.

Stante il silenzio della legge sul punto, è rimesso all’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione l’individuazione della struttura e dell’organo competente a svolgere il procedimento ed eventualmente ad irrogare le sanzioni nel caso in cui  l’illecito sia commesso proprio dal responsabile dell’U.P.D., dal dirigente dell’ufficio dirigenziale generale sovraordinato e dai dirigenti titolari di incarico di struttura complessa, ferma restando la necessità che l’individuazione sia effettuata a priori in astratto.

La formulazione della disposizione è chiaramente riferita alle Amministrazioni dello Stato, che sono tipicamente articolate in uffici dirigenziali semplici e generali sovraordinati e nelle quali è presente la figura del Capo Dipartimento o del Segretario generale. L’applicazione della norma nelle altre amministrazioni necessita invece di un adattamento attraverso l’esercizio dei poteri normativi ed organizzativi tipici di ciascun ordinamento e le soluzioni sostanziali dovranno essere rinvenute nell’ambito della particolare organizzazione di ciascun ente. Negli enti locali l’attribuzione delle funzioni in questione potrebbe essere compiuta in favore del segretario comunale o provinciale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del medesimo decreto.

Come detto, la competenza di cui al comma 4 dell’art. 55 ha carattere speciale. Pertanto, per tutte le altre ipotesi di illecito rimane ferma la disciplina generale sulla competenza alla contestazione dell’addebito, allo svolgimento del procedimento e all’irrogazione della sanzione di cui al menzionato art. 55 bis anche nel caso in cui l’incolpato sia un dirigente. Da ciò deriva che, nel caso di infrazioni di minor gravità, la procedura sarà svolta dal responsabile dell’ufficio sovraordinato. Nelle altre ipotesi, la competenza alla procedura spetta all’U.P.D., struttura che è titolare di una “competenza funzionale” ed il cui responsabile pertanto si deve ritenere legittimato ad adottare la determinazione conclusiva del procedimento disciplinare anche nei confronti di un dirigente con incarico di livello superiore (sul punto è opportuno richiamare l’orientamento manifestato dalla Corte di cassazione nella già citata sentenza n. 10600 del 3 giugno 2004). Stante il silenzio della legge in merito, è rimesso ancora una volta all’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione l’individuazione dell’organo responsabile dell’istruttoria e dell’organo competente all’irrogazione della sanzione nel caso in cui l’illecito sia commesso proprio dal responsabile dell’U.P.D.

In sintesi, tenuto conto dell’art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, il quadro generale risultante é il seguente:

  • fatti per i quali è prevista la sanzione pecuniaria (la sanzione sospensiva, per i dirigenti, è sempre potenzialmente superiore a dieci giorni): contesta e applica la sanzione il dirigente capo della struttura;
  • fatti colpiti con sanzioni più gravi di quelle pecuniarie, eccezion fatta per quelli indicati nel punto seguente: contesta e applica la sanzione l’U.P.D.;
  • per le sole infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55 bis, comma 7, e 55 sexies, comma 3, si applica il comma 4 del predetto articolo 55 bis,con contestazione dell’addebito ed istruttoria dell’U.P.D., ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente con incarico dirigenziale generale della struttura sovraordinata all’U.P.D..
  1. La ripresa e la riapertura del procedimento disciplinare a seguito della comunicazione della sentenza di condanna del dipendente.

Come noto, con il d.lgs. n. 150 del 2009 è stato modificato il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale. Infatti, l’art. 55 ter del d.lgs. n. 165 del 2001 ha introdotto la regola generale secondo cui il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza di procedimento penale. Questa regola è inderogabile nel caso di esercizio dell’azione disciplinare per infrazioni di minor gravità e, pertanto, in tali ipotesi non è ammessa la sospensione del procedimento. La sospensione è invece ammessa per le infrazioni di maggior gravità, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando, all’esito dell’istruttoria, non si disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione. Secondo quanto previsto al comma 4 del medesimo articolo, il procedimento è ripreso entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ed è concluso entro 180 giorni dalla ripresa.

Al fine di rendere nota all’amministrazione procedente la pronuncia della decisione giudiziale, l’art. 70 del d.lgs. n. 150 del 2009 ha inserito un nuovo articolo nel d.lgs. n. 271 del 1989 (“Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.”). Infatti, il nuovo art. 154 ter dispone che “La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del deposito.”. E’ chiaro che la ripresa del procedimento disciplinare sospeso può aver luogo solo a seguito della conoscenza della sentenza integrale, comprensiva della motivazione, poiché l’istruttoria deve tener conto di quanto risultante in sede penale (art. 653 c.p.p., richiamato dal comma 4 dell’art. 55 ter). Pertanto, il termine per la ripresa del procedimento decorre dalla ricevimento della comunicazione della sentenza integrale, non essendo sufficiente la conoscenza del dispositivo.

Ad analoga conclusione si vede prevenire per l’ipotesi della riapertura del procedimento prevista dal comma 3 del citato art. 55 ter nel caso in cui sia necessario adeguare le determinazioni conclusive del procedimento disciplinare alle risultanze del giudizio penale.

Al fine di agevolare l’esito celere delle procedure, si raccomanda pertanto all’Amministrazione giudiziaria di provvedere con la massima tempestività alla comunicazione del dispositivo a seguito della richiesta dell’amministrazione interessata e, ove disponibile, a trasmettere direttamente copia integrale della sentenza anziché il solo dispositivo anche a prescindere dalla richiesta.

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

E L’INNOVAZIONE

Renato Brunetta




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